venerdì 30 luglio 2010

Iginio si diverte a sfilacciare il tappeto del mio salotto. Ha bruciato il divano con cicche di sigarette e versato zucchero negli angoli. La notte mi si siede accanto e legge il libro delle mie paure, racconta favole di fantasmi e morti precoci, sussurra agonie e abbandoni. Mi prende la mano ogni mattina e ci versa sabbia da masticare, parla con mia madre e le racconta del mio ventre vuoto.
Iginio ha preso possesso del mio comodino, dorme nel secondo cassetto, tra la biancheria pulita. Mi soffia nelle orecchie un'aria fredda e costante e soddisfatto mi passa un fazzoletto pulito.
Non si può sostare troppo a lungo, non si può parlare d'amore. Lui ha sabotato la bussola, riscritto la cartina autostradale. Mi lascia a un passo dall'orgasmo, a un soffio dalla verità, si addormenta due parole prima della rivelazione. Mi svuota le guance, mi accarezza solo al buio.
E io lo amo con la materia della mia incompletezza, con le parole delle mie inadeguatezze, con la mia assenza. Lo chiamo a cucire la forma del vento che mi sbatte dentro, a rivestire di carta listata le pareti delle bolle di sapone.

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