giovedì 10 marzo 2011

I’m from Patagonia


Sei apolide, hai detto. Leghi le caviglie alle persone, non ai luoghi. Invidi il mio senso di appartenenza. Ma l’appartenenza è la giustificazione per la nostalgia di ogni cosa, a me manca chiunque, è una città di fantasmi, per me che ora non trovo neanche un motivo per piangere, quella frattura della mente che si scioglie in acqua salina e, senza dare sollievo, porta il sonno per spossatezza. Non c’è spossatezza. C’è questa stanca forza che s’è seccata come le montagne. E l’appartenenza è un ventaglio che getta vento e polvere negli occhi, che vengano queste lacrime.
Stasera fammi parlare di niente, come gli uomini che scrivono canzoni e poesie per legittimare i ventri molli. Vieni che stasera ti racconto la mia storia, la solita, quella intorno alla quale giro, quella che vale meno di niente e meno di me di sicuro.
Volevo non dire più bugie, ma mi sono scivolate nei calzini, sono rimaste incastrate nei capelli, pensavo di averle vendute tutte per un biglietto del treno.
Ci vengo in Svizzera a farmi pagare il mio lavoro al metro, a riscuotere assegni puntuali a vedere se Rosi c’è pure lì. Oppure restiamo qui e diventiamo moleste, facciamo stalking a Travaglio con la scusa di una storia interessante. Tu sei brava a inventare storie. Dimmene una ora. Progettiamo la nostra relazione, diamoci un obiettivo da raggiungere, un numero di battute per le nostre conversazioni.
Non mi eri mancata prima. Ora sei qui e la tua partenza sarà di sicuro lo stimolo per piangere. Già mi vedo, alla stazione, mentre la freccia col muso da formichiere si muove giovane e avveniristica, 10 km a 15 euro. Io mi allontanerò rullando una sigaretta, facendo caso al flusso di gente attorno a me, se sono fortunata qualcuno mi urterà una spalla e io potrò guardarlo senza cortesia. Sì, sento che riuscirò a piangere, almeno un poco. Devo ricordare di portare la musica giusta e scenderà.
Ma se non dovesse succedere, ho pile di diari e di fotografie, ho qualche messaggio, alcune mail. Stanotte la potrei passare così, a bere un’altra birra e pensare, a ingurgitare liquidi che usciranno anche dagli occhi.
Troppa stanchezza da smaltire, e domani non c’è riposo. Servono cornee fresche per il monitor, e poi l’aereo, ma quanto è difficile rendere lirica una partenza sponsorizzata Ryanair.
Di piangere non ci è concesso, sarà colpa del mio tema natale, o forse solo che le lacrime vogliono la rottura di una forma, invece le forme le abbiamo perse quando abbiamo deciso di lasciar perdere.