sabato 11 dicembre 2010

Come una pietra che rotola


Conxa nasce in una numerosa famiglia di contadini, in una campagna catalana, all’inizio del secolo scorso. Troppe bocche da sfamare e poco pane, così la ragazzina viene mandata in paese a vivere con gli zii.
Concepció (abbreviato in Conxa perché più veloce quando si devono richiamare i bambini dai campi, quando si devono dare ordini e indicazioni) è una buona lavoratrice, è volenterosa e silenziosa. È una bambina docile, che conosce solo quello che vede, che non fa domande né richieste, come se vivesse sempre con il cuore in gola. Ma nella casa degli zii scopre una famiglia generosa, persone abituate a non dilungarsi in parole o gesti d’affetto, ma che le dimostrano nella quotidianità il bene e la sicurezza di cui lei ha bisogno. Quando compie sedici anni, appena fiorita per l’amore, incontra Jaume, un uomo energico e sorridente, “nato per farmi passare tutte le paure, per gettare luce nei miei angoli bui e spianare quello che a me sembrava una montagna”.
Dal loro matrimonio hanno tre figli, la vita continua nella casa degli zii, Conxa incanalata nel solco della terra, a lavorare come le hanno sempre insegnato, ancora senza chiedere, sempre senza contraddire.
L’amore per Jaume le fa tremare le gambe dalla gioia, un sentimento potente che ancora la tiene in sospeso, con la paura costante che tutto svanisca, il sentore di un conto aperto da pagare, come se ci fosse sempre una quantità di dolore da scontare.
Jaume è diverso da lei, si interessa a quello che avviene in Spagna, alla nascita della Repubblica, viaggia e passa molto tempo fuori casa per lavoro, quel nido costruito nel ventre delle campagne catalane non gli basta. E un giorno, presto la mattina, le paure di Conxa si realizzano: tre colpi alla porta, degli uomini cercano… nome e cognome… ci segua. E portano via Jaume, prima, e poi lei e i suoi bambini.
Dopo cinquanta giorni di prigionia torna a casa, senza suo marito, “Jaume non sarà più Jaume”. E poi il matrimonio dei figli, i nipoti, Barcellona. Senza l’uomo che l’ha resa una persona Conxa si arrende alla vecchiaia e aspetta solo che il suo tempo finisca.
Centocinquanta pagine in un solo fiato. Maria Barbal cuce parola dopo parola, tende i fili, racconta una parabola lunga ottant’anni senza una pausa. Una scrittura priva di smagliature, la mano di un bambino che ci tira e ci porta per i campi, nella grande casa, nel bianco dei ricordi. Non è mai autocompiaciuta, neanche quando la narrazione diventa poetica. Con un disincanto disarmante svela le piccolezze degli abissi umani, i limiti delle nostre unicità. La si ascolta, Maria Barbal, estasiati, stupefatti di tanta innocenza, di una così luminosa semplicità.  

Maria Barbal, Come una pietra che rotola, Marcos y Marcos, Milano 2010.