venerdì 7 maggio 2010

La prima volta è stato solo un leggero solletico dietro la nuca, nascosto sotto i capelli. È salito lentamente lungo l'osso occipitale e poi ha trovato una postazione momentanea dietro l'orecchio. Lì è rimasto, per un po', solo il tempo di farsi dimenticare.
Aspetto il tram, arriva da lontano, ne metto a fuoco il numero: 1. Uno?? Una piccola macchia nera nello sguardo mi copre la visuale… 19, sì è il mio.
Un punto oscuro sugli occhi, un riflesso d'ombra, un impercettibile ostacolo alla vista colato lungo l'orbita e sceso dietro lo zigomo.
Sono tornata a casa, quella familiare. Mentre trascino il mio borsone lungo le dodici rampe di scale li sento: passetti ticchettanti dietro lo sterno, una fuga impazzita di eserciti in ritirata: fuggire, fuggire! Andare via di qui!
Chi siete?
Le formiche sono in grado di trasportare un peso svariate volte superiore a quello del loro corpo. Portano oggetti grandissimi con difficoltà evidente, ma non si fermano mai.
Piccoli granelli neri impilati in processione ordinata, dal punto A a quello B, da quello B di nuovo in A, sempre, per il giorno intero. Con le loro testoline spingono invano la parete che le racchiude per aprire un varco: fuggire, fuggire! Andare via da qui!
Mille zampette tamburellanti, passi ordinati, centinaia di vibrazioni al secondo, per riempire ogni attimo.
Un tumulto franoso, un movimento perpetuo a dissolvere i muri a secco dei miei ricordi avanzati. Piccoli eserciti in ritirata, corse impazzite, richieste di soccorso: fuggire, fuggire! Andare via da qui.

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