martedì 29 dicembre 2009

Martina

Si chiamava Martina, era la loro Punto amaranto. Era vecchia e consumava molto, ma le avevano dato un nome e ormai aveva il diritto di restare.
A volte, quando c’era il sole e in casa la noia era più imponente della loro presenza, salivano su Martina e andavano in città.
Poco più in là del basso cancello d'entrata c'era una stradina in terra battuta. In poco più di dieci minuti si poteva raggiungere una delle arterie principali che collegavano la periferia alla città. A volte ci andavano a piedi, camminavano insieme solo per restare lì a guardare le auto che passavano e pensare al momento in cui sarebbero partiti.
Lui parlava tanto, aveva la testa piena di progetti, lei ascoltava e taceva. Parlava di quello che avrebbero costruito, del nuovo lavoro, della nuova casa, di poesia, cani e teatro, di cucina e amicizia, del loro amore e di vigne soleggiate.
La sera nel letto continuavano i discorsi e i progetti, c’era sempre qualcosa da fare, senza un traguardo che non fosse una nuova partenza. La meta era sempre un passo di lato, solo sfiorata. Quando lui si addormentava lei guardava oltre i vetri della finestra.
Molte notti le passava sveglia, aspettando l'alba, non accendeva la luce per non svegliarlo, e restava al buio a guardare. Un giorno la notte le parve un po' più lunga della precedente: il sole sorgeva qualche minuto dopo. E così, mentre lui dormiva, le notti si allungarono e l'attesa della luce richiedeva ogni volta maggiore pazienza. Iniziò a svegliarsi sempre più stanca e con meno energia.
Continuavano a parlare di quello che sarebbe stato, continuavano a guardare la città, a prendere Martina e unirsi al flusso intenso di viaggiatori. Più tardi, nel letto, potevano allungare la mano al buio e scoprire di essere ancora lì.
Ma le notti continuavano a crescere e le mani di lei iniziarono a tremare. Una mattina si scoprì incapace di reggere le grandi tazze gialle della colazione, ma pensò solo di essere stanca, gli disse: “Oggi pensa tu al lavoro” e andò a dormire da sola.
Le sue mani però continuavano a tremare e riposava sempre più spesso lo sguardo sulla vastità del cielo.
Un giorno la notte invase i suoi spazi. Era una notte bellissima, piena di stelle e profumata di polline nuovo. Lei rimase a letto incapace di alzarsi. Lui la lasciò lì pensando avesse solo bisogno di tranquillità.
Passarono ventiquattr'ore, il buio non andava via ed era difficile distinguere il giorno dalla notte, lei non riusciva a seguire i suoi discorsi, senza luce non sapeva continuare la tessitura. I fili si intrecciavano fra le sue dita in forme nuove e sconosciute, non seguivano più la trama iniziale.
Non lasciava il letto, ma scoprì che le sue gambe non avevano perso la forza. Sapeva solo che non avrebbe potuto camminare in quelle stanze.
Lui la portava in braccio ovunque lei chiedesse di andare, lui la aiutava a non poggiare i piedi per terra, ma non le chiedeva cosa ci fosse nel suolo a spaventarla così tanto. I suoi piedi tornarono bianchi e morbidi, le sue caviglie elastiche e sottili, le ginocchia si arrotondarono mentre la sua testa viaggiava intorno alle stelle che non la abbandonavano mai.
Passava il tempo e lei guardava con apprensione l'orologio segnando scrupolosamente i giorni per non perderne il conto.
Una notte, si suppone che lo fosse, sentì dei campanelli suonare. Il suono, prima debole, divenne sempre più forte e poi di nuovo lontano, erano andati via. Ma lei non li dimenticò.
Passarono le ore e aspettava, l'inquietudine era entrata dalla porta principale.
Passò del tempo, non molto si direbbe, e le sembrò di sentire di nuovo quella musica, era lontana ma non andava via. Lui non era in casa e lei riuscì a poggiare di nuovo i piedi per terra e raggiungere la porta. La aprì e guardò fuori, il cielo era buio e la Via Lattea splendeva. I cespugli sembravano d'argento e il profumo dei fiori le accarezzava i capelli. Non tornò indietro a prendere le scarpe. Sentì il pavimento sotto la pianta dei suoi piedi nuovi, fece alcuni passi e superò le mattonelle dell'ingresso, era già sulla strada sterrata quando sentì un rumore che la fece voltare di scatto. Il vento aveva chiuso la porta alle sue spalle.

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