giovedì 12 febbraio 2009

A volte senti puzza di bruciato, ma ne senti così tanta che ti sembra impossibile che gli altri non se ne accorgano. Ti svegli, c'è il sole, dopo tre mesi di clima londinese vedi il sole, l'ottimismo ti seduce, quasi pensi che, sì, in fondo per una volta puoi mettere da parte paure e scaramanzie e fare dei piccoli, ma davvero minuscoli, passi che indichino una distensione. Così metti un po' d'ordine, lasci dei piccoli segni nell'ambiente in cui momentaneamente esisti, te ne appropri un po' come se lo stessi preparando per restarci. Ma quella puzza rimane, la senti: l'annuncio di un trasloco forzato, gente che va via, un pensiero improvviso che ti chiedi "Perché ci penso proprio ora?"... e poi eccolo lì il fuoco che brucia! Anzi non era propriamente puzza di bruciato, ma un leggero sentore di zolfo, di polvere da sparo, poi ad un certo punto un silenzio sospeso, una nuvola più densa, un riprendere fiato collettivo e trattenere l'aria per un po'. E' il modo in cui si preannuncia una bomba.
Eppure quell'odore rimane, neanche l'esplosione cancella il senso d'attesa, e la domanda che ti fai è se, in realtà, questa non sia una piccola detonazione di avviso, l'avanspettacolo della bomba principe che manderà tutto all'aria e ti costringerà a fare di nuovo la valigia e andare.
Ma non si possono accumulare viaggi su viaggi, saluti dopo saluti, esili dentro l'esilio. Non posso aprire nuovi cerchi concentrici, io ora non ce la faccio ad andare via. Io stavolta, se vado via lo faccio verso un posto solitario, stavolta niente valigia, non porto niente, solo qualche brandello di carne in mano e ago e filo in tasca. Stavolta sto con me, e lascio tutti.

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