Sono nata tra due mari, tra quello grande e aperto, ponte per l’Africa, porto per stranieri, e quello piccolo e chiuso, dove si coltivano i mitili come fosse un orto, dove si affacciano gli alberi di clementine, dove andiamo a bagnare i nostri occhi, dove il cielo cittadino si specchia rosso di vergogna. Dove l’umido bagna le mani e i capelli, e poi la tramontana arriva a seccare la pelle, lisciare le teste e asciugare i pensieri affogati nella condensa.
Nella “città del tramonto”, dove il mare porta gli oggetti a morire sulla sabbia, come fanno i delfini, come nello stemma originario.
Qui si muore sotto il rosso di un cielo avvelenato, si sosta intrecciando i capelli, si scava il futuro, si respira rabbia e desolazione. Da qui si va via e qui si torna a tramontare, tutti ci tornano, perché il rumore che fanno quei due mari non se lo può scordare nessuno.
Gli attacchi arrivano da destra e da sinistra, non c’è sosta né vero riposo. Allora ti indurisci e lotti. I pescatori hanno la pelle scura e i calli sulle mani, gli occhi consumati a forza di guardare le onde e le labbra secche di sale.
Cresciuti in una terra fertile di aridità, alberi cementati, piedi inquieti, occhi schivi e parole morsicate.
Il centro storico che è un’isoletta inconsistente rispetto all’estensione urbana, come il cuore di un lupo nel corpo di un orso, madre consumata dall’allattamento di una prole troppo estesa, vorace.
I suoi figli hanno lo sguardo bipolare, da un lato all’altro della loro casa vedono la tempesta violentare la superficie del grande mare e la brezza fare slalom tra i pali delle cozze. Il Mar Piccolo è quieto, solo a volte si increspa, ma resta fermo. Cambia colore, è rosa e grigio, sa essere blu intenso e bianco d’argento. Il Mar Grande è mare aperto, sbraita e sussurra, porta odori lontani.
E come può essere il cuore di quei figli? Sbattuti tra le onde, nati su case galleggianti, con lo sguardo sempre oltre la finestra.
Esiste l’alba a Taranto, si può vedere dal mare chiuso, quello che può essere un lago, ma quando la mente cresce da bambina negli stretti vicoli dell’isola e poi si affaccia su tutto quell’orizzonte bagnato, allora diventa audace e arrogante: mare, è il mare.
E su quel mare piccolo che si apre a est il sole sorge per chi lo vuol vedere, ma non potrebbe essere altrimenti. Non può mancare la vita in un posto dove c’è tanta morte.
martedì 2 marzo 2010
etimologia di un'origine
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