Boris Vian, Lo strappacuore, Marcos y Marcos
Leggere Vian è come farsi portare in giro da un cicerone beffardo e irriverente, che descrive paesaggi incantevoli e surreali, ci confonde e si prende gioco dei concetti convenzionali di spazio e tempo.
Giacomorto arriva in un paesino della costa, mentre passeggia vicino al mare sente delle urla arrivare da una casa vicina. Entra e trova Caterina partoriente, infila i guanti e la assiste. Il risultato delle lunghe ore di travaglio sono tre gemelli, anzi dei tremelli, anzi no: due gemelli e un singolo.
Un libro costellato da invenzioni letterarie e continui giochi di parole, traslitterazioni, neologismi. Ma questo si sa, questo è Vian. A volte quasi gratuito, ci si domanda sempre se sia geniale o se solamente si prenda gioco del lettore, forte del potere conferitogli in quanto creatore della storia, dio di quel mondo immaginario. Ma se l'inventiva, a volte solo estetica, si libera nelle descrizioni e nelle trovate di nomi originali, gli avvenimenti, i personaggi e i pensieri sono metafore per decostruire le convenzioni più radicate, per mettere alla prova gli automatismi del pensiero comune.
E così i sacrifici e le paure esagerate dei Caterina, tormentata dall'ansia che ai suoi tre porcellini possa accadere un incidente, sono la testimonianza del suo amore materno, e quanto più il suo pensiero degenera e lei rinchiude se stessa e i figli nella gabbia di un autolesionismo ingiusto tanto più dimostra di essere una buona madre.
Intanto Giacomorto osserva. Si trasferisce in quel paese crudele, dove gli abitanti pagano in oro per essere liberati dalle loro vergogne, dove il prete fa prediche su una religione che non è bisogno ma lusso, perché a Dio non interessa sfamare il proprio popolo, dove i ragazzini vengono sfruttati e insultati come se fosse la cosa più naturale del mondo e i vecchi venduti all'asta in una sadica parata di piazza. Giacomorto osserva e riflette, lascia che abitudini e pensieri lo attraversino, cerca di riempirsi, come l'uomo di latta è convinto di essere vuoto senza emozioni e così dalla sua condizione di diverso si indigna e stupisce per cancellare subito ogni sua preoccupazione: cosa importa a lui che non prova sentimenti, in fondo sono solo comportamenti da uomini.
Leggere Vian è come farsi portare in giro da un cicerone beffardo e irriverente, che descrive paesaggi incantevoli e surreali, ci confonde e si prende gioco dei concetti convenzionali di spazio e tempo.
Giacomorto arriva in un paesino della costa, mentre passeggia vicino al mare sente delle urla arrivare da una casa vicina. Entra e trova Caterina partoriente, infila i guanti e la assiste. Il risultato delle lunghe ore di travaglio sono tre gemelli, anzi dei tremelli, anzi no: due gemelli e un singolo.
Un libro costellato da invenzioni letterarie e continui giochi di parole, traslitterazioni, neologismi. Ma questo si sa, questo è Vian. A volte quasi gratuito, ci si domanda sempre se sia geniale o se solamente si prenda gioco del lettore, forte del potere conferitogli in quanto creatore della storia, dio di quel mondo immaginario. Ma se l'inventiva, a volte solo estetica, si libera nelle descrizioni e nelle trovate di nomi originali, gli avvenimenti, i personaggi e i pensieri sono metafore per decostruire le convenzioni più radicate, per mettere alla prova gli automatismi del pensiero comune.
E così i sacrifici e le paure esagerate dei Caterina, tormentata dall'ansia che ai suoi tre porcellini possa accadere un incidente, sono la testimonianza del suo amore materno, e quanto più il suo pensiero degenera e lei rinchiude se stessa e i figli nella gabbia di un autolesionismo ingiusto tanto più dimostra di essere una buona madre.
Intanto Giacomorto osserva. Si trasferisce in quel paese crudele, dove gli abitanti pagano in oro per essere liberati dalle loro vergogne, dove il prete fa prediche su una religione che non è bisogno ma lusso, perché a Dio non interessa sfamare il proprio popolo, dove i ragazzini vengono sfruttati e insultati come se fosse la cosa più naturale del mondo e i vecchi venduti all'asta in una sadica parata di piazza. Giacomorto osserva e riflette, lascia che abitudini e pensieri lo attraversino, cerca di riempirsi, come l'uomo di latta è convinto di essere vuoto senza emozioni e così dalla sua condizione di diverso si indigna e stupisce per cancellare subito ogni sua preoccupazione: cosa importa a lui che non prova sentimenti, in fondo sono solo comportamenti da uomini.
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