martedì 16 febbraio 2010

ginger

Ho comprato una radice di zenzero. L'ho presa da una bancarella indiana al mercato di Centocelle per 35 centesimi. La donna che me l'ha venduta aveva le dita lunghe e secche, del colore della terra rossa, e unghie ovali disegnate di henné.
Non avevo mai usato lo zenzero e così ho provato a metterlo un po' ovunque: sul riso con le patate, nel dolce al cioccolato, sulla crescenza, nel tè verde, nel soffritto degli spaghetto aglio e olio.
Ho scoperto che lo zenzero mi piace, mi pace tagliarlo e liberare la polpa umida dai filamenti legnosi della radice. Il profumo sembra quello del detersivo per i piatti al limone, ma il gusto citrico che punge la lingua mi fa pensare al ricordo di un altro luogo.
E così da due giorni mangio zenzero ovunque, lo provo grattugiato, a scaglie, a fettine e a dadini. Ci farò i biscotti, il finocchio e la pasta con la panna. Da provare sulle patatine fritte.
Lo userò per gli infusi che ristorano la gola dopo le notti lunghe di sigarette, sveglia a respirare un odore, stretta al calore di un ritorno.

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