sabato 22 maggio 2010

«Così, dice lei, voltando leggermente la guancia, che era contro quella di Don Juan, così siete stato l'amante di quella donna, e questo appena due mesi fa – e questo lo confessate».
«Cara… lo sapevate».
«Lo sapevo, e non lo sapevo. E non mi dite male di lei, per rimediare!… E soprattutto non ditemene bene!… E non state zitto in questo modo!».
Don Juan sorride. La baronessa si allontana da lui, appoggia le pantofole contro il legno del canapé e gli prende la testa tra le mani. «Ah come sono infelice, mormora, ah come sono infelice, si dice, ah come sono da compatire!» proclama. E nello stesso momento i suoi occhi diventano piccoli e scuri.
«Così, io speravo in voi, io vi ero fedele. E in quel mentre voi… ah com'è ingiusto, e come vorrei aver fatto come voi! Avrei dovuto offrirmi alle braccia di tutti quelli che mi desideravano, prendere uno, due, tre, sei amanti!».
Don Juan è tranquillo, la baronessa ci sa fare anche nelle scenate. Ma l'occasione è bella.
«Puttana» dice freddamente.
«Che dici? Che dite?».
«Dico puttana, Signora, e santa puttana. Sei amanti! E figlia di puttana, e madre di puttane a venire! Santo Dio! Sei amanti!» e Don Juan aggiunge tutto quello che può di sconcezze a questo rosario, e grazie alle sue frequentazioni ne trova di notevoli.
La piccola baronessa è raggelata. L'indignazione che sale non ha il tempo di emergere, soffocata dal piacere che ha nel sentire. Gli occhi smarriti si riaccendono, il ditino va all'angolo della bocca. È grata a Don Juan del piacere che le dà. È veramente bello.
Ondeggia e si crogiola.
Scoppia in una risata incantevole. Don Juan sta per ridere anche lui, ma trova di meglio: incolla l'orecchio proprio di fronte alla piccola bocca, e sente le perle tintinnanti scuotere profondamente il cervello.


H.P. Roché, “Don Juan e la baronessa” in Don Juan

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