È ancora lì. Si poggia al muro dall’altra parte dalla strada, ma riesco a vederne lo sguardo, è rivolto alla mia finestra. Stamattina il cielo è nuvoloso, ma non è poi un male. Avevo deciso che sarei uscita, ma con lui dall’altra parte della strada non mi sento al sicuro. Mi allontano dalla finestra e vado a preparare la colazione. I piatti della cena sono ancora lì, la bistecchiera sporca, i bicchieri, la padella in cui ho cotto la verza. Lavo la caffettiera e accendo il forno, mentre preparo il caffè metto a scaldare una brioche, presto il profumo invade la cucina. Intanto lavo qualche piatto, giusto per fare spazio nel lavandino.
Prendo il libro che stanotte ho lasciato sul letto, intanto il caffè esce, porto lo zucchero, la tazzina, la brioche ormai calda, mi siedo, bevo il caffè, mangio, leggo qualche pagina.
Dopo aver sparecchiato vado di nuovo alla finestra: sempre lì. Magari se iniziasse a piovere si sposterebbe.
Oggi mi piacerebbe visitare qualche mostra, così per avere un motivo che mi faccia prendere il tram e allontanarmi dal quartiere. Forse se mi concentro su altro riesco ad ignorare la sua presenza.
Intanto faccio la doccia, calda per rilassare i muscoli della schiena, a stare tanto seduta sento che la tensione si accumula tutta lì. Poi do un getto d’acqua ghiacciata sulle caviglie e risalgo lungo le gambe, fa bene alla circolazione. Ma mi sento ancora un po’ intontita, così dirigo l’acqua fredda anche sul viso, sul petto, sulle spalle. Sobbalzo, ma dopo è come se respirassi meglio, prima i polmoni che si bloccano per un attimo, la bocca aperta in un’espressione di sorpresa e poi l’energia che pervade il corpo.
Torno in camera e mi vesto, accendo il computer, controllo: sempre lì. Guardo le mail e mi informo sulle mostre che ci sono in città: ben poco direi.
Ha iniziato a piovere, le rose di fronte alla finestra resistono ai colpi, ma qualche petalo cade.
Così resto al computer, guardo un po’ di siti, continuo il lavoro di ieri.
Il telefono non squilla, ma non me ne preoccupo, è un po’ che ho smesso di darmi pena. Non avere aspettative, sono qui e va bene.
Però davvero non lo so cosa vuole da me. Ieri gli ho parlato, pensavo bastasse ad allontanarlo, invece resta nei paraggi. Prima di addormentarmi gli ho anche scritto, l’ho fatto nella mia mente, una lunga lettera.
Mi alzo dalla scrivania, vado alla porta, la apro e lo guardo. Lui capisce, senza fretta si muove, attraversa la strada ed entra in casa. Si siede sul letto, io torno alla mia postazione e lui resta lì a guardarmi.
Io lo so cosa sei venuto a fare, ma penso anche che sia arrivato il momento di darmi una vacanza.
E dopo la vacanza?
Dopo potrai tornare.
Ne sei certa?
Se ce la farai.
E cosa ti fa credere che le cose saranno cambiate?
Lo scorrere del tempo.
Il tempo non scorre per tutti nello stesso modo, a volte si ferma.
Stavolta scorrerà, dovrà adeguarsi al meccanismo esteriore.
Sei ingenua.
Sono fiduciosa.
Continua pure quello che stavi facendo, non ti disturberò.
Per un po’ riesco ad ignorarlo, mi concentro nel lavoro e sparisce dalla mia vista, inutile illudersi che sia andato via, ho già imparato che non basta così poco. A volte riesco a mettere una distanza quando esco, meglio se sono da sola. È come se fosse una questione di movimento fisico, più che cerebrale. È importante camminare e farlo tanto, anche stancarsi va bene, pensare alla fatica del corpo. La malattia no, non è un buon modo. Sotto effetto della febbre le difese si abbassano e lui mi si stende accanto nel letto, poggia un braccio sul mio petto e resta così, finché non riesco di nuovo a muovermi.
Ho fatto un lungo viaggio portandolo con me. L'ho tenuto stretto per paura che andasse via, abbiamo passato così tanto tempo insieme che non saprei liberarmene.
Lo fai per me.
È vero, tu mi guardi e io mi muovo.
E se andassi via?
La vita sarebbe una sequenza di istanti senza pausa, senza più girarmi per controllare se è ancora lì, e sarei sola davvero. Ma continua a esserci.
Potresti avere quello che vuoi.
Potrei davvero averlo?
Solo finché non distoglierai lo sguardo per cercare dietro un'altra finestra.
E se uscissi?
Puoi farlo.
Sì, posso farlo.
Sono tornata ora da un lungo viaggio, per essere qui.
Persa per la necessità di perdersi, e poi ricordare.
Da quanto sei qui?
Ci sono sempre stato.
Mi hai aspettata. E mi cercherai quando non tornerò?
Mi porterai con te.
È vero, l'ho sempre fatto, il sedile affianco al mio l'ho conservato libero per lui.
domenica 16 maggio 2010
accanto
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