Se ti accadesse, Roberta, traversando via Ugo Bassi,
all'altezza del Self Service, di incontrare un vecchio giocoliere
un marinaio irsuto dell'Appia, o quel goffo barbuto
che si rosicchiava il niente, in un giorno di libertà
sulla parte sinistra del Reno, andando per Kostanz,
o se ancora ti accadesse, e dovrò spiegarti
come tutto ciò può accadere, di sentire nell'aria
salendo al Rizzoli o, che so, a San Luca, l'odore del pane
o dell'orzo bollito, le mille leccornie
per noi sconsiderati, o che si tingesse a festa
Porta Saragozza (te l'ho mai detto
che volevo scaricarci due carri di fieno?)
o che, poi tanto dà sempre tanto,
si potesse noi portar giù due carri di quella neve
morbida
che servirebbe a mia madre a riempirmi le tasche
a coprire il campo come con cenere
(come faccio a spiegarti i misteri
del pane, l'inverno senza neve
le notti senza luna, i frisi?
O le rivolte senza senso, i contraccolpi
le secche risposte di mio padre, i suoi tormenti
i ceci fritti, i baci in bocca a fine d'anno)
oh come faccio a spiegarti che qui il niente
non può trovare casa, che non siamo molto distanti
dalla vita. O che solo questo è vita.
Se qualcosa di questo ti accadesse, Roberta,
in via Ugo Bassi o tra gli alberi a Sciaffusa
quando l'acqua abbuffò il ricordo dei limoni
e mi costrinse alle bifore di Munot, quel fresco di morte
o il grido ai cerbiatti dentro al fossato
(ma forse te le ho dette queste cose)…
Senti Roberta, io arrivai a Wintentur una volta
per non sapere davvero che fare, sopra un treno di menta
a Zurigo, al passaggio, mi parve un giardino di cortesie:
sono stato sempre così, lo sai,
sugli occhi ho sempre avuto
due foglie di basilico – e poi sono
come il padre che non lascia mai il campo,
con gli occhi al cielo aspetto la neve.
Se qualcosa di questo ti accadesse
o se qualcuno ti parlasse di un mondo che ormai
gira sul niente, ti prego, stringi i pugni
mangiati il cuore parla delle ragazze di crema
dei loro fiori in petto, delle melodie di velluto
dei bazar in piazza a Martano
caccia le unghie fai capire che volevamo
fare della poesia di lotta, con Conversano,
dei treni che vanno a Milano, del fustagno
che vestono i poeti, delle croci di mia madre
e che il niente da noi non è innocente,
dei lupi mannari, delle tue notti
da strega, di Bodini dei peperoni
o di quando ci aggiustiamo il sole in testa coi lupini,
dei barattoli di camomilla per l'inverno
delle mele cotte dei nostri cortili dei Turchi…
oppure dì soltanto che non è da tutti rubare al cielo
i suoi segreti. Non dovercene spiegare le ragioni.
A. Verri, (per Roberta a Bologna), Il pane sotto la neve
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