lunedì 11 gennaio 2010

Laputa

Al centro del potere contorto degli uomini c’è un grande albero millenario. Si possono avere troni e armi e ingegno, ma non si può vivere staccati dalla terra.
Laputa, città persa nel cielo, versione levitante di Atlantide, sogno e speranza, minaccia implacabile.
Come sempre nei film di Miyazaki, i protagonisti sono dei ragazzini, come sempre, il loro è un percorso di crescita che può avverarsi solo tramite il ricordo e il riconoscimento delle radici.
I bambini che lui descrive, però, fanno impallidire il più ferrato degli eroi adulti, hanno gli sguardi attenti e il cuore puro e sanno attrarre il loro destino con la forza dell’innocenza.
Gli elementi ricorrenti ci sono tutti: le macchine volanti, un incontro casuale ma scritto nel destino, i cattivi che diventano buoni perché bagnati dal riflesso di quell’amore innocente e giovanile che non si lascia fermare.
Pazu e Sheeta s’incontrano, lei viene posata da un potere misterioso nelle sue braccia. Sheeta è l’ultima erede del regno di Laputa, conserva solo la pietra che la guiderà alla città volante, Pazu sogna di trovare quel castello per riscattare il nome del padre, morto senza che nessuno credesse alla sua storia.
I cattivi veri sono quelli del potere istituzionale, è l’esercito, portatore legale di morte, i cattivi redenti sono i pirati. Miyazaki ogni volta vuole mostrare che ci sono delle luci tanto chiare, delle ombre molto scure e dei luoghi pronti a farsi illuminare.
La forza della storia è negli episodi laterali, nelle singole azioni che da subito portano chi guarda a un livello di empatia raro, ho visto il film con trenta adulti che ridevano, si spaventavano e trattenevano il respiro come se avessero avuto vent’anni di meno.
La musica, i paesaggi ampi e meravigliosi, i personaggi basati sugli stereotipi più riconoscibili e raffinati riportano la mente al respiro immortale dell’infanzia.
Questo film è un manuale per veri uomini, insegna a crescere e a non avere paura, a stare abbracciati per non perdersi nel vento. E anche se alla fine il fuoco della pistola nemica taglia le trecce di Sheeta, la perdita dell’innocenza non le cade addosso come sconfitta, ma come consapevolezza della sua vera natura di regina e protettrice del suo regno.
Non è di certo un film all’altezza dei suoi capolavori, ma l’effetto che crea è comunque quello sperimentato: curiosità e gioia infantile dall’inizio alla fine.
Io, davanti ai film di Miyazaki, metto su un sorriso che illumina la stanza!

Nessun commento:

Posta un commento