In quello che c'è oggi, e in quello che vedo dietro di me, i contenuti sono molteplici. Non c'è una faccia sola, ma centinaia di occhi, nasi e bocche e voci che si sovrappongono in un brusìo costante. La notte tornano e dormono con me.
Ho le mani gonfie, non era mai successo. L'inverno scorso avevo sempre i crampi ai piedi quando andavo a letto, non mi era mai successo. Quante cose ancora non mi sono mai successe? Quante non accadranno mai?
Mi dicono che c'è qualcuno che vuole qualcosa da me. Ne sento la voce lontana, ma io non credo che mi stia cercando. Quel qualcuno ha perso la sua strada, ma io non ho mai camminato nei suoi pressi, perché dovrebbe cercarmi? Si suppone, si immagina, si crede.
Poi all'improvviso piove fino a bagnarmi le caviglie. E allora? Cosa importa più?
Io gioco, ho già diviso i ruoli. E poi? Ricomincia a cadere acqua dal soffitto.
Ma prima ogni cosa era chiara, e io stavo di qua e tu là e lui da quell'altra parte. Ma ora l'acqua ha sciolto l'inchiostro.
Ho affrontato tutto con stoicismo. E allora perché non dormo da tre notti? E allora perché vorrei prendere un treno solo per pulire gli angoli in cui la polvere si è accumulata? Pasqua era troppo presto, questo l'ho già scritto.
Ascoltavo sempre una canzone quando partivo. Ora ascolto spesso una canzone di ritorni, dice che sto tornando da te, e te sono io. L'ho detto, ho diviso i ruoli ma c'è molta confusione. Io sono te, me, qualcos'altro. Tu sei lui, lei, un altrove. Noi saremo, ma per adesso no, ora no, ora ancora non si può.
E vorrei litigare. Quanto vorrei litigare. Ma io litigo solo con il babbo, il fratello, il gatto, lui e lei, solo con loro. E gridare tutta la polvere che è rimasta negli angoli e il fottuto stoicismo chiuso nell'armadio sotto l'arancia rinsecchita, perché che ora non posso gridare più non lo accetto.
E i discorsi, sì i discorsi, e che belli i discorsi. E parliamo sotto il grano che muore, e diciamoci tutto, ma che sia proprio tutto detto ora che domani chissà se siamo ancora insieme. Eppure non basta mai, eppure tutto ancora non te l'ho detto, perciò ti chiamo e vediamoci di nuovo che qualcosa è sfuggito. Ma devo salire su quel ponte che si chiama P.P.P. ma non ha niente di poetico, e devo andare via e sentire quella canzone tanto triste che dice che non ci rivedremo più, ma io lo so che ci rivedremo, ma sarebbe bello non rivederci più così potrei sentire quella canzone tanto triste ed essere triste davvero.
Ma triste davvero non lo sono, e come sarebbe bello esserlo.
sabato 30 gennaio 2010
amedio
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